Come ritrovare l’autenticità?

1 Luglio 2019by Elisa Renaldin

“Ciò che pensi di te è solo una storia. Sbarazzatene, e inizia a percepire Chi Sei veramente. C’è tanto di bello, di vasto, di positivo, di elettrizzante, c’è tanto da scoprire e valorizzare. Sgombra la mente dalle idee che si è fatta, sbarazzati della tua storia e delle interpretazione che le hai dato. Getta tutto nel fuoco e inizia a sentire cosa c’è d’altro… scoprirai nuovi paesaggi e orizzonti, nuove sensazioni, nuove storie e nuovi finali. Potresti trovare perfino un nuovo passato, e di sicuro un nuovo futuro. Non smettere un secondo di fare il tifo per te, asseconda le tue fragilità e fortifica i tuoi talenti, ché sono lì per te, in attesa che tu li veda e li espanda. Lasciati essere”.

Ciò che molti cercano

Queste parole di un mio post aprono un discorso con risvolti che possono non essere immediatamente visti riguardo al concetto di autenticità. Spesso le persone si sentono intrappolate in una gabbia, hanno rispettato dogmi, regole e doveri fino alla nausea, il che fa percepire loro di essere limitate nella loro libertà di espressione. Capita allora che intraprendano un percorso di esplorazione di se stesse, con l’obiettivo di ritrovare un po’ di quella freschezza persa nel tempo. Molti si buttano sulle discipline olistiche, tanti vengono a fare corsi di teatro. Sono tutte scelte buone, per iniziare a tirare via il primo strato di personalità fasulla costruito attorno, in tanti anni di menzogne (che ci hanno raccontato e che ci siamo raccontati). Allora accade che si inizi a “levare il tappo”: tanta rabbia non espressa viene fuori, parole non dette vengono finalmente pronunciate, il corpo sperimenta nuovi modi e movenze per manifestarsi, il pensiero si sposta su altre e nuove possibilità. Se prima venivamo oppressi, iniziamo ad affermare con forza la nostra idea. Se venivamo sottomessi, iniziamo a ribellarci. Se ci tacevamo, iniziamo a urlare la nostra verità. Se ci trattenevamo e censuravamo di continuo, iniziamo a lasciar uscire reazioni soffocate per anni. Questo è un primo, fondamentale passaggio per iniziare a levare strati e strati di condizionamenti, che ci hanno ridotti ad uno zombie poco reattivo, poco dinamico, poco creativo, e sicuramente poco umano. Qui sta tutto il valore della catarsi, della libera espressione di stati emotivi, parole e gesti trattenuti e soffocati nel tempo. Ma una volta iniziata questa fase di sperimentazione e liberazione, significa che abbiamo già raggiunto la nostra vera essenza? Esprimere come un fiume in piena la nostra rabbia, ad esempio, denota forse maggiore libertà di chi non riesce a farlo? Mica tanto, e adesso vedremo il perché.

Come e perché perdiamo noi stessi?

Ritrovare i se stessi autentici, è come sfogliare una cipolla: si procede a strati, e si leva via via una superficie esterna per giungere al centro. Ogni volta che sfogliamo la cipolla potremmo avere l’impressione di essere giunti finalmente al cuore, ma in realtà ci vogliono vari passaggi, varie scremature, revisioni, ricalibrature, e ulteriori sfogliature. Il perché è presto spiegato: siamo stati riempiti di preconcetti, idee e giudizi, per anni, ripetutamente, vivendo in un ambiente omologato. Possiamo forse pensare di disfarci di tutta questa spazzatura in poco tempo? Dobbiamo darci la possibilità di scavare un po’ alla volta, riadattandoci gradualmente alle nuove versioni di noi, che pian piano emergeranno dal profondo. Possono emergere prima degli aspetti dimenticati, e poi tutto ciò che è stato semplicemente soffocato e soppresso. Questo, però, non rappresenta ciò che noi siamo, ma solo ciò che non abbiamo espresso. Ecco la differenza: ogni parola non detta, oggi gesto non agito e ogni emozione soffocata, si calcificano all’interno di noi, e a loro volta esercitano un’influenza sul nostro stato di benessere e autenticità, modificando ulteriormente ogni nostra riposta e comportamento. Occorre quindi liberare quei contenuti emotivi e mentali inconsci, per poter agire in seguito partendo da un terreno arato e liberato dalle erbacce. Ma fin qui ci siamo limitati a fare pulizia. Se ho un terreno arido sul quale cresce poco e niente, non posso dire che rappresenta il vero me. Se inizio a smuovere la terra e ad innaffiarla, se levo le erbacce e concimo, non posso ancora dire che quel terreno mi rispecchi. E’ solo quando avrò fatto tutte queste operazioni e arriverò al punto di piantare un seme, che finalmente inizierò a veder germogliare un fiore autentico, nutrito dal sole, dall’aria, dall’acqua. Lì inizierà a manifestarsi la mia vera “identità”, che ha ben poco a che fare con ciò che fino ad ora mi è stato raccontato di me.

Come ritrovare se stessi?

Come si fa ad avviare questo processo di scavo e pulizia? In genere, è sufficiente seguire il proprio istinto, che il più delle volte ci indirizza verso un percorso iniziale, che è come una porta d’ingresso che si affaccia su nuove sperimentazioni e scoperte. E’ necessario iniziare a levare il superfluo, perciò è bene seguire quella voce che continua a richiamarci per fare una certa esperienza: c’è chi è attratto dalla musica, chi si iscrive a canto, chi fa un corso di teatro, chi impara a ballare, chi a dipingere, chi inizia con pratiche più fisiche che vanno dallo yoga all’arrampicata. Sono tutti flebili richiami dell’anima verso un suo ancestrale bisogno di espressione e libertà. Il desiderio di sperimentare qualcosa, è sempre un importante indizio; seguirlo è come attraversare quella porta d’ingresso. Da lì possono innescarsi svariate dinamiche che ci portano a sperimentare nuove versioni di noi, ma saremo solo all’inizio. In tanti anni di conduzione di corsi di teatro, ho visto persone trasformare profondamente la propria esistenza, ma si è trattato di percorsi che hanno avuto varie fasi e passaggi, proprio come nell’esempio della cipolla. Una volta levato il superfluo, inizia la ricerca dell’essenziale, che è sempre collocato molto in profondità, e per trovare il quale occorre accelerare proprio quando si pensa di essere arrivati. L’obiettivo del mio lavoro è proprio dare il via a queste esplorazioni, riaccendere nelle persone l’interesse e la passione verso se stesse e verso la vita, ricordando sempre che quello è solo l’inizio. Gli attaccamenti alle idee, ai metodi, alle opinioni e soprattutto alla concezione di se stessi, vanno smobilitati un po’ alla volta.

Ecco la chiave

Di fronte a un essere umano si possono avere percezioni differenti, in base a quanto in profondità riusciamo ad andare: possiamo vedere il suo strato superficiale, legato ai suoi schemi comportamentali e gabbie caratteriali; possiamo vedere lo strato sottostante che, se smobilitato, darebbe il via ad una serie di modifiche, stravolgimenti e capovolgimenti interni, e possiamo arrivare a vedere anche il nucleo più intimo, in cui risiede qualcosa che è più legato all’anima, che all’ego: il vero Sé. Se ci alleniamo ad andare oltre, nella visione delle cose, delle situazioni e delle persone, inizieremo anche a vedere noi stessi con occhio indagatore, e con estrema onestà e amore per la conoscenza inizieremo a scovare qualcosa di diverso, che forse non abbiamo mai visto pienamente. Quando ci sarà un’aderenza tra la mente e l’anima, allora potremo dire di aver scoperto la nostra natura più autentica. Quando seguiremo l’intuizione anziché il calcolo mentale, allora ci saremo addentrati nel territorio del vero. Quando daremo più attenzione a ciò che accade dentro, piuttosto che al marasma che avviene fuori, staremo entrando in contatto con nostro vero Io. Come avviene questo passaggio? Col tempo, con la costanza, con l’instancabile desiderio di volerci ritrovare. Avendo percorso quei sentieri in prima persona, il mio desiderio è ispirare gli altri perché riscoprano con gioia chi sono. Realizzo questo progetto attraverso i miei libri, i miei workshop di teatro trasformativo e gli eventi live. Se vuoi partecipare, seguimi per conoscere i prossimi eventi.

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Elisa Renaldin

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