Anche il malessere può diventare una zona di comfort

4 Novembre 2019by Elisa Renaldin

Come come? Ho letto bene? Il malessere…una zona di comfort?” Eh già. “E mi vuoi spiegare in che modo, di grazia? Come sarebbe a dire che se io sto male, voglio rimanere lì? Nessuno vuole continuare a stare male!” Sicuri sicuri? Sinceramente ho visto più casi di persone che sostavano nelle ‘aree malessere’ a lungo, più di quante se ne volessero andare da lì alla svelta. Il malessere è come un fluido che goccia a goccia inquina. Si insinua piano piano e ti sottomette come un padrone invisibile, mellifluo e perfido. Non entra con grandi proclami, non si scaglia contro di te tutto in una volta, non ti abbatte fragorosamente. In quel caso, sarebbe facile riconoscerlo. E invece cosa fa? Inizia a spostare la traiettoria del tuo pensiero, giorno dopo giorno, situazione dopo situazione, mese dopo mese…finché alla fine tu non ti accorgi nemmeno più di come e di cosa stai pensando, e quel dialogo interno inizia a governare il tuo destino. Per ogni evento difficile, per ogni inconveniente, per ogni preoccupazione – anche piccola – in automatico parte il disco rotto del lamento, della negatività, dello scoraggiamento. “Va tutto male…” “E’ sempre più difficile…” “Non c’è niente da fare…” “Ce n’è sempre una…” e via che è un piacere. E’ come una pennellata di acquarello, che una volta sulla carta, si sparge incontrollatamente ma inesorabilmente. E’ come il fumo in una stanza, che impedisce una visione lucida, e sottilmente la offusca, anche se non ti impedisce di vedere. E’ come un sottile odore in casa, fisso, sempre presente, al quale ti abitui e che poi non senti più. Ecco, come agisce. Senza nemmeno che tu te n’accorga, sei nella sua ragnatela appiccicosa e non sai come uscirne, sai solo che avverti un malessere costante, e che tutto intorno a te non sembra andare per il verso giusto. Ogni tanto intravedi che c’è qualcosa che non va, ti rendi conto che non stai proprio benissimo, e che vorresti che le cose fossero molto diverse…ma la lucidità mentale non sempre ti accompagna e così finisce che ti adegui, di adagi, e soccombi. Il corpo manifesta il tuo disagio con la stanchezza, con una scarsa qualità del sonno, con qualche acciacco che regolarmente si manifesta per ricordarti che così non si può andare avanti. Ma anziché vederlo come un chiaro segnale che qualcosa va profondamente cambiato, anche il malessere si aggiunge alle ormai tante cose “che non vanno”. E la frittata è fatta. Così hai messo alle spalle anche la vita che sta cercando di dirti: esci da lì!!! E anziché vedere aiuti e scosse, che hanno l’obiettivo di muoverti da dentro, vedi solo impicci, ostacoli e problemi. Se anche in un recente o lontano passato, avevi visto una soluzione, chissà perché appare lontana e inattuabile.

Il meccanismo del cambiamento

Cos’è che porta a prendere una decisione? Cosa spinge a cambiare una situazione indesiderata? L’insopportazione, okay. Ma anche un’altra cosa: avvertire che il cambiamento è effettivamente possibile e attuabile. Mai nessuno si mette in moto con l’idea che agire non servirà a nulla. Ma per agire bisogna pensare correttamente, bisogna avere chiara in testa una possibile soluzione, o almeno il desiderio di trovarla. Bisogna, in buona sostanza, alzare le chiappe dalla sedia e agire in qualche modo: uscire di casa, chiamare una persona per chiedere un consiglio, fare una telefonata, andare nel tale ufficio con l’obiettivo di risolvere una volta per tutte la tale bega burocratica. Andare a pagare i conti in sospeso. Parlare con una certa persona per risolvere una questione spinosa che è in sospeso. Agire fattivamente per sbloccare una situazione di stallo. E cosa comporta tutto ciò? Ecco che ci siamo: uscire dalla zona di comfort. E dunque che succede? Parte una seconda ondata di pensiero mellifluo e demotivante che più o meno assomiglia a questo: ‘no ma tanto non cambia niente. E’ inutile che telefono a tizio, tanto so già cosa mi risponde. Quella tal cosa l’ho già provata e non ha funzionato. Oramai lo so come va a finire. Avevo pensato a una soluzione, ma tizio non è d’accordo, caio non mi permette di farlo, sempronio mi ha detto che non vuole’. E così, come aggravante, demandiamo ad altri le decisioni che riguardano la nostra vita, svendiamo il nostro potere personale, buttiamo via l’autodeterminazione delegando la responsabilità a qualcun altro. In questo modo abbiamo trovato una bella scusa per non agire, e per continuare a ruzzolare nel fango del malessere, al quale siamo così tanto abituati. Tanto lo sapete che è così…e comunque io sono così, ormai…e alla fine cosa vuoi che cambi. Ma se andassimo a scovare più in profondità il vero dialogo interno in atto, sarebbe: “IO non ce la faccio. IO non ho voglia di fare quella chiamata. IO non sto agendo per cambiare le cose. IO scelgo di non muovermi. IO decido di rimanere qua. E’ troppo faticoso, mi costa fatica, non voglio farlo, non so come farlo, non intendo farlo, non voglio avere anche quest’altra questione in ballo”. E ancora più in profondità le parole sarebbero: “Tu non vali abbastanza. Oramai ti sei ridotto/a da far schifo. Tu non sei assolutamente in grado di cambiare le cose. Tu non meriti di stare meglio”.

Da dove arriva il veleno?

 Ora, non staremo qui ad analizzare da dove e da chi arrivino queste simpatiche parole che sottilmente serpeggiano tra le sinapsi, e ci limiteremo a dire che è necessario farci caso. Bisogna imparare a prestare attenzione al proprio dialogo interno, per evitare che ci tiranneggi. Le soluzioni sono sempre disponibili, e di solito ce n’è anche più d’una, ma l’abitudine a scartarle, a tenerle lontane o a non vederle ha preso il sopravvento. E siccome ci si abitua a stare in quella montagna di letame caldo… e uscire da lì, respirare aria pura e ripulirsi completamente costa un’enorme sforzo energetico e mentale, allora forse è meglio risparmiare le forze e continuare a soffocare là sotto. Tanto comunque…. Tanto ormai. Ecco, magari ci saranno anche stati episodi del passato che hanno lasciato una ferita aperta attraverso cui scorre questo veleno, ma nulla toglie che OGGI voi siate in grado di fregarvene altamente di quanto vi hanno detto vostro padre e il/la vostro/a ex e prendere in mano il timone. Nessuno, ma proprio nessuno, vi impedisce di cambiare la rotta dei pensieri, e sfruttare ogni alito di vento per dirigere la nave altrove. Non siete costretti a permanere lì, a meno che non lo vogliate. Addurre scuse e demandare la responsabilità a qualcun altro (la vecchia solfa del: “eh ma lui non mi permette di”) significa mettersi da soli nella condizione di non riuscire. Vuol dire cospargere la strada di trappole e tagliole. Se davanti a voi vedete solo ostacoli, difficoltà, obiezioni e impedimenti…ma chi ve lo fa fare di darvi una mossa, dico io? L’uso che fate dell’immaginazione, è veramente impattante. Già solo al pensiero di fare quella telefonata, vi sentite un nodo alla gola, o una stretta allo stomaco, o il battito cardiaco che aumenta. Già solo all’idea di andare nel tale ufficio per risolvere la tale bega burocratica, vi fa venire la nausea. Beh, sappiate che più ci pensate e più la nausea, la tachicardia e tutto il resto aumenteranno. State costruendo il film della vostra realtà e nemmeno ve n’accorgete. Dovete sostituire la pellicola. Gente, non sto scherzando, non sono banalità da bambini sognanti e cazzatine pseudoscientifiche. Si tratta di come lavora il vostro cervello, e di che cosa lo nutrite. Provate a mangiare cibo avariato e muffa per qualche giorno, e poi vediamo il vostro corpo come reagisce. Ebbene, pensate che la vostra mente possa prosperare in salute se la nutrite di escrementi mentali? Credete davvero che non abbia nessun impatto sulla vostra realtà, infarcire i neuroni di sterco psicologico, di pensieri spazzatura? Vi rendete conto di come cambia il vostro stato fisiologico a seconda dei pensieri che fate? Se immaginate di stare sdraiati, sereni e rilassati su una spiaggia deserta all’ombra delle palme, e vi concentrate su questa immagine, avrete una reazione fisica ed emotiva immediata. E allora per quale diavolo di ragione dovreste pensare che ipotizzare scenari negativi e catastrofici non abbia su di voi nessunissimo effetto?? L’anticipazione della catastrofe, rinforza le possibilità che avvenga, ricordatevelo. Non voglio fare terrorismo psicologico, ma solo esortarvi a tenervi veramente d’occhio e a sorvegliare costantemente il tipo di pensieri che formulate, e che esprimete verbalmente. Se oltre al pensiero c’è anche la nenia ripetuta a tutti quelli che incontrate…beh… ve la state proprio tirando addosso, eh. Non siete immuni dai pensieri che fate e dalle parole che pronunciate. Le parole hanno un peso, hanno una qualità energetica, hanno un contenuto emozionale, sono dense e pregne di voi. Voi cosa emettete? Quando parlare avete l’impressione di spargere profumo di petali e bagliori luminosi? Oppure ogni volta che aprite bocca sembra più di sentire il fetore di un cadavere in decomposizione? Sì, uso immagini forti perché voglio che vi resti ben impresso, questo concetto. Se ogni volta che aprite bocca, vi immaginaste di spargere una sostanza luminosa che si posa su ogni cosa e porta benedizione, vi garantisco che nel giro di poco la vostra vita inizierà a cambiare. Ma per farlo dovete prima diventare abili nel monitorare ogni pensiero e ogni parola che arriva da voi, oltre a selezionare severamente ogni parola che entra. Respingete le ipotesi negative e rimpiazzate davanti ai vostri occhi lo scenario migliore, l’ipotesi positiva, o per lo meno lasciate aperte le possibilità, non datevi per vinti, considerate che un’opportunità ci può sempre essere, dipende se la cercate o se la scansate.

Compiti per casa

Ora, come compitino a casa, prendete una decina di post-it e piazzateli in giro per la casa, con la scritta “PIANTALA!!!” per ricordarvi di smetterla immediatamente di immaginare scenari negativi. Ogni volta che appare un pensiero negativo, slittate immediatamente su un’altra possibilità, concentratevi su una possibile soluzione, e se l’avete trovata, dare energia a quell’immagine, a quell’ipotesi. L’altro compitino è quello di sforzarsi, sempre, in ogni circostanza, di trovare il lato positivo, oppure il lato ironico, o se proprio non ce la fate, a lasciare aperte le possibilità, ripetendo a voi stessi queste frasi o una di esse: Sicuramente c’è una ragione per tutto questo. C’è qualcosa che ora non vedo, e che verrà a mio vantaggio. Questa situazione si risolve con poco. Anche se ancora non la vedo, c’è un’opportunità nascosta, qui. Che qualità mi serve, per superare bene questo momento?

Come vedete, si tratta di direzionare intenzionalmente il pensiero verso la via d’uscita, verso le possibilità, evitando di stagnare nel marciume. Ogni pensiero e ipotesi negativa è una goccia di veleno che vi priva della vostra forza vitale, perciò respingete con forza l’abitudine a scivolare nel negativismo e nella lamentela, e farete un grandissimo favore a voi stessi, e a tutte le persone intorno a voi.

E vi svelerò un altro segreto: la vita, tutto sommato, è neutra. E’ come un grande videogioco che ci pone di fronte a varie sfide e bivi, e a seconda dell’opzione che scegliamo, poi tutto va di conseguenza. E’ fuorviante catalogare le persone tra “quelle a cui va tutto bene” e “quelle a cui va tutto male”. Non pensate che i cosiddetti “fortunati” non si debbano fare un discreto mazzo per essere quello che sono e per essere dove sono. La buona sorte costa impegno. Le benedizioni sono il risultato di certe scelte. Il benessere parte dalla mente, così come la salute. Occorre tornare ad essere pienamente responsabili di se stessi e riprendere in mano le redini della propria vita, per vederla evolvere. Buon gioco a tutti.

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Elisa Renaldin

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