Quanto valore dai a te stessa?

14 Ottobre 2019by Elisa Renaldin

Questo articolo è dedicato agli artisti, soprattutto se sono donne, e a tutti coloro che lottano costantemente tra il riconoscimento artistico e quello economico, in un mondo che sembra privilegiare sempre più solo l’aspetto materiale a discapito di quello spirituale.

Ho tratto grande ispirazione e incoraggiamento dalla lettura del libro “I veri artisti non fanno la fame: strategie senza tempo per prosperare nella nuova era creativa” di Jeff Goins, edito in Italia da Antipodi Edizioni. L’autore è un esperto di creatività e sfata il mito secondo il quale essere creativi sia di ostacolo al successo. Per secoli, dice, “il mito dell’artista squattrinato ha dominato la nostra cultura, penetrando nella mente delle persone creative e soffocando i loro sogni. Ma la verità è che gli artisti più affermati del mondo non hanno fatto la fame, anzi: hanno tratto profitto dal potere della loro forza creativa”.

Nel capitolo intitolato “Non lavorare gratis”, l’autore ne ha da dire per tutti, e a ragione. Anzitutto cerca di riportare sulla retta via la nostra attitudine ricordandoci: “Puoi fare soldi facendo arte e non devi per forza svenderti. Devi fare amicizia con il lato business e marketing delle cose”. Ed ecco dove casca l’asino, di solito: lavorare gratis, in cambio della fantomatica “visibilità”!!! Quante volte io stessa mi sono ritrovata in questa maledetta situazione, come singola artista o relativamente alla mia compagnia teatrale! E’ pieno zeppo di persone senza soldi, e senza cultura né tantomeno conoscenza, che tentano di spillare lavoro gratis, specie se l’artista in questione non è ancora noto. Come se fosse solo la notorietà il parametro per valutare il valore di un’opera o di una prestazione. Beh, dobbiamo noi per primi uscire da quest’ottica, altrimenti sarà dura ottenere il tanto agognato riconoscimento. Come giustamente ci ricorda l’autore “lavorare gratis non è l’opportunità che spesso 

crediamo sia. L’opportunità non paga le bollette, la visibilità non porta a casa la pagnotta e lavorare gratis crea un pericoloso precedente che è difficile interrompere. In quanto artisti, dobbiamo dare noi valore al nostro valore prima che possano farlo gli altri”.

 

Sì ma cosa fai di…lavoro lavoro?

Poi c’è la sempiterna questione della valutazione del tipo di prestazione, per cui quando parliamo di architetti, ingegneri e artigiani, non si discute sul fatto che debbano essere pagati. Invece quando parliamo di scrittori, attori, pittori, fotografi e altri artisti, chissà perché si presume che campino d’aria e il loro non sia “un vero lavoro” ma forse solo un hobby. Beh, l’arte non è per forza un hobby, cerchiamo di infilare questo concetto nella testa delle persone con cui ci rapportiamo. E iniziamo noi a dare una bella raddrizzata ai nostri pensieri, ogni volta che si affaccia l’ipotesi che, “sì, forse questa volta…potremmo anche non chiedere nulla o chiedere poco…in fondo si tratta solo di….”. Un momento. “Si tratta solo di….”? Cosa? Dipingere un quadro? Beh, provate a farlo fare a chi pensa di ottenerlo gratis, allora. “Si tratta solo di…?” Fare la regia di uno spettacolo teatrale? Beh, sapete quante competenze ci vogliono per tirare fuori un lavoro fatto bene? “Si tratta solo di…?” Scrivere un libro? Una poesia? Un racconto, una sceneggiatura? Io vi dico: provateci. E poi provate a sottoporla ad un pubblico, e vediamo se è così semplice. Si tratta solo di…? Esibirsi davanti ad una platea? Eseguire una lettura interpretata di un testo davanti a un pubblico o ad una telecamera? Anche in questo caso, le competenze necessarie non sono così ovvie ed evidenti, ma vi assicuro per esperienza personale che non tutti lo possono fare. Essere attore è un mestiere duro, complesso, che richiede molto studio e molte abilità. La lista potrebbe continuare all’infinito, e chiaramente riguarda anche altre professioni non strettamente legate all’arte, ma che se espresse da donne, rischiano di essere svalutate in due secondi appunto perché si tratta di donne. Non adeguiamoci a questa autocondanna che il mondo vuole imporci. Siamo artiste, siamo professioniste, siamo donne, e in quanto tali valiamo, proprio perché rappresentiamo tutto questo. Spesso si dedica un’intera vita per perfezionarsi al massimo, credendo di non essere mai abbastanza, mai all’altezza, mai al livello di… ma è ora di finirla. La sindrome dell’impostore ha fatto più danni della superficialità, tante volte.

 

Quanto si valuta un’artista?

Non mi sono messa d’accordo con l’autore, ma anche lui precisa che “parte della responsabilità è degli artisti stessi. Spesso accettiamo in silenzio la svalutazione del nostro lavoro: noi, che siamo portati all’insicurezza e a dubitare di noi stessi, mettiamo in dubbio il valore di ciò che offriamo”.

Ripeto: è ora di finirla, ma il restyling mentale deve partire da dentro di noi.

E poi prosegue, per rincarare la dose: “Dobbiamo imparare la disciplina di farci pagare quello che valiamo. La decisione di essere preso sul serio o meno spetta solo a te. Sei tu a dettare il modo in cui le persone ti percepiranno, il che significa che devi essere convinto che il tuo lavoro merita di essere pagato” e la cosa da evitare contro cui ci mette in guarda è questa: “è facile creare il pericoloso precedente che tu non dai valore al tuo lavoro. E se non lo fai tu, non lo faranno nemmeno gli altri. Perciò, per farti pagare quello che vali, devi prima credere davvero che vali quanto stai chiedendo”.

Autoconvincimento, quindi? Io direi autovalutazione e autostima. E rispetto per le proprie scelte, competenze e capacità. Rispetto per tutti gli anni passati ad imparare, a studiare, a migliorare, a fare sbagli e a correggersi (e a pagare per quegli errori!!). A noi donne, poi, non si perdona niente. In certi ambienti, l’errore femminile è grande il doppio, chissà perché, e magari il merito e il talento valgono la metà. Questa cosa ancora non me la spigo, nel 2019, ma tant’è. Dobbiamo opporci a questa tendenza ed escludere questa ipotesi, sentendoci meritevoli e adeguate a prescindere.

Il tuo lavoro conta. Ma il mondo non ti riconoscerà finché non sarai tu a farlo. Devi evitare la tentazione di regalare il tuo lavoro, credendo che in qualche modo verrai ricompensato. Non accadrà”.

Invertire la tendenza

Una volta compreso tutto ciò, cosa potresti fare, concretamente, per modificare la percezione che hai di te stessa? Ora prendi carta e penna e fai una lista delle tue qualità personali, e a seguire una lista delle tue qualità professionali. Se ci sono abilità che coincidono in un’area e nell’altra, ripetile. Ora ripercorri il tuo percorso professionale a tappe, analizzandolo da quando sei partita, per vedere che cosa hai sviluppato nel percorso. E per finire, elenca le peculiarità che sono solo e soltanto tue, vale a dire che esprimi e rappresenti solo tu nel tuo lavoro e nel tuo modo di lavorare, ciò che ti distingue dagli altri, insomma. Una volta fatto, tieni sott’occhio questa lista, rendila bella, usa colori e simboli per arricchirla, e appendila in un punto visibile nel luogo in cui lavori. E’ una lista che potrebbe ancora allungarsi, per questo ti dico di tenerla a portata di mano e di aggiornarla costantemente. Ogni volta che ti verranno dei maledetti dubbi su quanto vali come donna e come professionista, mi fai il favore di riguardare quell’elenco e ritornare mentalmente ad una percezione di te più consona alla persona che Sei. Fammi sapere com’è andata!

 

 

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Elisa Renaldin

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